Carlo Scarpa e il genius loci veneziano
Tommaso Cigarini
Prosegue il nostro viaggio nell’architettura di Carlo Scarpa. Questa volta ci spostiamo a Venezia, città in cui Scarpa è nato, ha lavorato e vissuto tutta la vita. Il suo lavoro più celebre in terra veneziana è il Negozio Olivetti (1957-’58), oggetto di numerose polimiche dopo il cambio d’uso a cui era stato sottoposto. Con la chiusura dell’Olivetti, infatti, il negozio era stato “adattato” a negozio turistico e intasato di oggetti in vendita che lo soffocavano. Recentemente è stato riportato dal FAI al suo originario splendore e sono stati riallestiti i suoi spazi come da originale progetto di Scarpa. Visitandolo oggi, possiamo ammirare l’opera nel suo aspetto originale. Il negozio ha pianta rettangolare e si affaccia ad angolo con 2 grandi vetrate sui portici di Piazza San Marco. Il lato lungo si affaccia invece su una calle laterale ed è quindi chiuso con una parete su cui Scarpa fa intagliare la scritta “Olivetti” da lui appositamente disegnata in rilievo su una grande lastra di marmo bianco. Il negozio espone semplici macchine da scrivere che, appoggiate su supporti di legno sospesi da sottili sostegni metallici, sembrano galleggiare nell’aria. Qui una scultura in bronzo dell’artista Alberto Viani, posizionata su uno specchio d’acqua contenuto da una vasca rettangolare in marmo nero, serve a dare dignità di opere d’arte agli oggetti esposti. Lo spazio stretto e alto del negozio viene poi magistralmente sfruttato attraverso la costruzione di un soppalco che ne rende fruibile l’altezza e ne moltiplica i punti di vista sul negozio stesso e sulla città. Una scala fatta da spesse lastre di marmo sfalsate ci porta al piano superiore. Qui passerelle sospese ricreano l’atmosfera delle calli e dei ponti veneziani. Gli spazi, sempre aperti e articolati, vengono tenuti insieme da un unico pavimento, fatto da tessere colorate in vetro di Murano mescolate a un impasto cementizio, che vuole evocare in forma moderna i pavimenti in mosaico del Duomo, a pochi passi dal negozio. Altro intervento scarpiano straordinario a Venezia è la Fondazione Querini Stampalia (1961-’63). Il piano terra dell’omonimo palazzo medievale esistente viene trasformato e adattato in spazio espositvo. Un grande ambiente rettangolare diventa la grande sala espositiva e viene trattata come spazio in tensione tra l’acqua del canale che lambisce il palazzo e il giardino interno. Scarpa aveva previsto un accesso all’edificio in gondola attraverso una grande cancellata apribile immersa nell’acqua. Con l’alta marea i gradini di pietra di accesso al palazzo scompaiono sotto l’acqua come relitti sommersi. Nasce un gioco di percezioni mutevoli fra volume emerso asciutto e volume sommerso, condizione tipica della città che qui viene riproposta. La sala espositiva, di forma rettangolare, ha 2 lati lunghi attrezzati per ricevere i quadri mediante lunghe guide in ottone incassate a filo parete che assicurano l’aggancio dei quadri in caso di mostre temporanee. Il lato corto verso il giardino è interamente vetrato per far entrare la luce naturale e aprire la vista sulla vegetazione. Il lato opposto è invece aperto sul canale ed è caratterizzato da una grande nicchia in pietra che ospita 2 grandi termosifoni sospesi nell’aria che così diventano sculture rimanendo nello stesso tempo a dovuta distanza dalle opere esposte. Il soffitto, in stucco veneziano lucido, riflette le superifici e percettivamente raddoppia l’altezza dello spazio. Le altre superfici murarie sono opache (marmo travertino, cemento, mescola di pietra) per permettere la contemplazione delle opere esposte di volta in volta. Durante la Biennale d’arte lo spazio viene usato per mostre temporanee. La flessibilità d’uso prevista permette agli spazi di adeguarsi ai diversi allestimenti che qui vengo fatti. Il giardino sul retro è un prolungamento della sala all’esterno. Lo stesso pavimento esce infatti all’esterno attraverso la vetrata e raggiunge il grande prato sopraelevato di un metro rispetto alla sala. Cambiano i punti di vista e le percezioni. Siamo all’aperto. Una leggera parete in cemento, segnata ad altezza d’occhio da una fila orizzontale di tessere colorate, nasconde gli spazi di servizio del palazzo e nello stesso tempo abbraccia una vasca d’acqua che nelle giornate di sole si riempie di riflessi attirando gli uccelli assetati del quartiere. Da questa vasca parte un canale pieno di ninfee che attraversa longitudinalmente il giardino e termina in un pozzetto di raccolta su cui è appoggiato un pozzo cinquecentesco. Nuovo e antico convivono. Scarpa insomma tiene vivo il contatto con gli elementi più ancestrali dell’essere umano (aria, acqua, terra) rispettando, potenziando e rivalorizzando gli spazi dell’edificio esistente con un intervento che ha pochi eguali nella storia della museografia del novecento.