Il ‘300 nelle Marche
Marta Fiorentini
Il 25 luglio ha preso il via a Fabriano, presso la Pinacoteca civica Bruno Molajoli, la mostra “Da Giotto a Gentile: pittura e scultura a Fabriano tra Due e Trecento”.
L’evento è ospitato dal complesso edilizio di Santa Maria del Buon Gesù, eretto a partire dal 1456 per riunire in un unico edificio le strutture ospedaliere allora presenti in città. Esso costituisce un notevole esempio di architettura tardogotica. La facciata originaria comprende un portico con volte a crociera che si aprono in cinque arcate a sesto acuto di differente ampiezza poggiate su pilastri a forma di croce. Sulla sommità di ciascuna è presente una apertura bifora con archetti che, inseriti in un arco a tutto sesto, si reggono su una colonnina. Tra le bifore vi è anche un’edicola raffigurante una Madonna col Bambino, immagine distrutta da un bombardamento nel 1945 e poi ricostruita. Il complesso è stato completamente ristrutturato negli anni Novanta per accogliere le opere della Pinacoteca “Bruno Molajoli”, provenienti dal Palazzo Vescovile. I lavori di allestimento sono terminati nell’autunno del 1994 e la Pinacoteca è stata inaugurata il 16 dicembre dello stesso anno.
Nel 2004, in previsione di una mostra dedicata a Gentile da Fabriano, intesa a donare il giusto riconoscimento al circuito culturale cittadino, vengono commissionati importanti lavori di restauro nel complesso dell’ex ospedale di Santa Maria del Buon Gesù (anche se tuttora inagibile e in fase di ristrutturazione), per adattare la sede della Pinacoteca alla destinazione espositiva pubblica. Il 21 aprile 2006 si apre così la mostra “Gentile da Fabriano e l’altro Rinascimento”, visitata da circa 100.000 persone. Ad accompagnare questo evento, presso la chiesa di S. Lucia Novella, viene esposta una selezione di opere della Pinacoteca. Una volta chiusa la mostra il 23 luglio dello stesso anno, le opere della Pinacoteca vengono ricollocate nella struttura utilizzando lo stesso allestimento della mostra su Gentile. Da allora la Pinacoteca garantisce un servizio continuativo.
A distanza di quasi dieci anni, esattamente il 25 luglio, viene ora inaugurata questa nuova mostra “Da Giotto a Gentile”, promossa e fortemente voluta dalla Fondazione CARIFAC (Cassa di risparmio di Fabriano e Cupramontana) e dall’Amministrazione Comunale, con l’intento di valorizzare e far conoscere le opere più significative del territorio umbro-marchigiano. L’esposizione comprende più di cento opere tra quadri, affreschi e sculture lignee, di maestri come Giotto, Pietro da Rimini, il senese Pietro Lorenzetti, il Maestro di Campodonico, Allegretto Nuzi e Gentile da Fabriano.
La scelta di utilizzare questi due grandi nomi: Giotto e Gentile, funge da richiamo per approfondire ed esplorare quell’ampio mondo, ancora poco conosciuto dai non addetti ai lavori, di artisti operanti nel Due-Trecento, come il Maestro di Campodonico e quello dei Magi, personaggi dall’identità ancora discussa. L’incertezza sulla loro persona, tuttavia, non ne sminuisce la grandezza esecutiva, anzi li rende protagonisti indiscussi del periodo, non meno di altri artisti di più grande fama.
Il percorso, che si snoda dalla Pinacoteca alle cappelle delle chiese di S.Agostino, S.Domenico e S.Venanzio, ci regala uno spaccato della rivoluzione attuata da Giotto nella seconda metà del XII secolo nella navata della Basilica di Assisi. La Fabriano del primo trentennio del XIII secolo è una città in forte crescita economica grazie all’egemonia politico-militare della signoria dei Chiavelli. L’impulso dato dai Chiavelli alla vita cittadina, oltre a mutare fortemente la condizione socio-economica della città, accelera anche il processo di emancipazione culturale e promuove una più ampia circolazione di idee, favorendo la nascita di una scuola pittorica di cui il Maestro di S.Emiliano e di Campodonico rappresentano i maggiori esponenti. L’allestimento parte da alcune opere che anticipano l’età giottesca, come il romanico crocefisso di Matelica e la Croce lignea firmata da Rainaldetto di Ranuccio da Spoleto, grande caposcuola umbro del XIII secolo, raffigurante il Christus patiens (Cristo dolente e umanizzato), per giungere alla seconda sala con le tre opere di Giotto (due pannelli e un affresco), i maestri riminesi e il Maestro di San Emiliano, considerato dai vari curatori della mostra iniziatore della grande scuola figurativa fabrianese nella prima metà del XIV secolo. Al centro della scuola fabrianese campeggia la figura del Maestro di Campodonico che ricalca nelle sue opere gli schemi delle pitture dei primi decenni del secolo, ovvero quelle della scuola di Giotto, senese e riminese. Nei suoi affreschi emerge, infatti, un’originale posizione prospettica arricchita da figure dai volti e atteggiamenti tragici, cariche di umanità, rimodellate però con forme che indicano un nuovo linguaggio e che saranno d’esempio per pittori locali posteriori come Allegretto Nuzi.
Accanto a queste grandi porzioni d’affreschi e polittici a fondo oro, possiamo ammirare le statue lignee raffiguranti l’Adorazione dei Magi, San Giacomo maggiore e San Nicola di Bari. La collezione scultorea a grandezza naturale realizzata dal Maestro dei Magi, poi dalla critica identificato nel monaco olivetano Giovanni di Bartolomeo, è contraddistinta da vivo realismo espressivo e raffinata eleganza. I magi indossano delle vesti decorate con elementi floreali e ognuno tiene tra le mani il dono da offrire. Inoltre, riprendendo una tradizione simbolica dell’Europa occidentale del tardo Medioevo, i Magi sono rappresentati in età diversa: un giovane, un uomo maturo e un anziano, a significare le tre fasi della vita umana.
Nella stessa sala è anche è possibile ammirare dei polittici del pittore Allegretto Nuzi dove vengono messi a confronto la figura del S.Venanzio e la statua lignea del Re Gaspare, del Maestro dei Magi. Questo confronto è volto a far risaltare un aspetto dell’attività di Allegretto e della sua scuola, ovvero la decorazione delle statue lignee. Del resto l’arte di dipingere manufatti precedentemente intagliati da uno scultore (in questo caso il Maestro dei Magi) era consueto per un artista medievale. Allegretto, dopo la prima formazione locale sull’arte del Maestro di Campodonico, durante il quinto decennio del XIV, si trasferì a Firenze per educarsi alla scuola del fiorentino Bernardo Daddi. Dopo lo scoppio della peste in Toscana, nel 1348, Allegretto dovette rientrare a Fabriano affiancato dal suo principale collaboratore, Francescuccio di Cecco Ghissi, le cui opere sono presenti in mostra.
Termina il percorso Gentile da Fabriano, indiscusso creatore del gotico cortese, le sue opere presentano i caratteri tipici della sua pittura: ricchi panneggi, linearità dei contorni, fastosità dei costumi. Il preziosismo e la raffinatezza caratterizzano i suoi elegantissimi lavori, come si può vedere nella Madonna dell’umiltà, carica d’oro e di ornamenti, abbigliata con vesti decoratissime e stoffe pregiate.
La mostra essendo “del territorio per il territorio”, sta avendo una gran risposta da parte del pubblico composto tanto da appassionati d’arte, quanto da esperti, arrivando a toccare a fine agosto le 15000 presenze.
Il nostro patrimonio culturale che, secondo il codice dei beni culturali e del paesaggio (d. lgs 42/04) e secondo il d. m. 10 maggio 2001 (Atto di indirizzo sui criteri tecnico scientifico e sugli standard di funzionamento e sviluppo musei), è capillarmente diffuso, ovvero risiede nel legame che c’è tra le opere musealizzate e il territorio di riferimento, deve essere sostenuto grazie a eventi come questi, ma anche da continue strategie per innovare l’offerta culturale.
Stiamo assistendo alla volontà di inaugurare un percorso volto a far riscoprire in modo del tutto nuovo i valori di una città, come quelli unici di tante altre in Italia, che in questo caso si chiama Fabriano, e non si riduce a essere solo capitale della carta (anche se conosciamo bene i valori intrinseci trasmessi attraverso questo preziosissimo materiale), ma appare luminosa nell’ampia costellazione del nostro patrimonio artistico e paesaggistico.
A giudicare da questa mostra e dall’attività connessa sul territorio, sembrano esserci tutti i presupposti per una valorizzazione costante e consapevole, e questo deve essere un punto di partenza per l’entroterra fabrianese e non, colpito duramente dalla crisi del settore industriale, perché una volta che i riflettori saranno spenti non si ritorni all’incertezza precedente alla mostra, ma ci sia una collaborazione per nuove proposte d’intervento volte a innovare l’offerta museale, partendo dalla promozione delle risorse, tanto museali quanto territoriali.