Architettura a Marrakesh
di Tommaso Cigarini e Miriam Saavedra
– Intervista esclusiva a Corrado Levi, professore emerito di Architettura del Politecnico di Milano –
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Quali sono i progetti, per te più significativi, che hai fatto e che non sei riuscito a realizzare?
Gli architetti fanno venti progetti e ne realizzano uno. Ognuno è un pezzo di sé, come fare a scegliersi?
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In una società tanto omologante come la nostra, che valore dai alla diversità?
La diversità in una società omologante non è un valore in sé: è il senso di tale diversità che conta.
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Quali sono le esperienze che un giovane architetto dovrebbe fare una volta finita l’università?
Un giovane dovrebbe amare col cervello e con il cuore i grandi maestri dell’architettura. Poi certo viaggiare, guardare, parametrare a sé ciò che si vede.
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Che rapporto c’è fra architettura e scenografia?
Tra architettura e scenografia non c’è differenza concettuale come tra arte e architettura: hanno specificità diverse.
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Il design. Che cosa c’è bisogno di inventare oggi?
Nel design bisogna rendere semplicemente ed economicamente decente la vita.
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Che cosa fai quando cominci un progetto di architettura?
Un progetto di architettura non comincia né finisce mai. Comunque cerco di inventare il meglio di me e degli altri.
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Se dovessi presentare tu Beppe Finessi, che parole useresti?
Per presentare Beppe Finessi direi: impossibile genio.
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Alessandro Mendini, parlando del tuo carattere ineffabile e imprevedibile, ti ha paragonato a un gatto che si sposta continuamente. Tu a chi o a che cosa lo paragoneresti?
Alessandro Mendini lo considererei una pietra filosofale.
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Cosa ne pensi dell’architetto Angelo Mangiarotti? Può essere considerato uno dei maestri dell’architettura del novecento?
Angelo Mangiarotti è un genio.
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Qual è, a tuo parere, il contributo che Carol Rama ha dato all’arte moderna?
Carol Rama ha regalato all’arte moderna la soggettività del desiderio.
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Che legame c’è tra la tua pratica professionale di architetto e il tuo pensiero teorico?
Come per Albini cerco che non ci sia discontinuità tra pratica professionale e pensiero teorico, si formano e si modificano insieme, insieme alla propria vita.
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La “Libreria delle Donne” in Via Pietro Calvi a Milano. Ti va di raccontare questo progetto che hai fatto a 4 mani con Alessandra Gianotti?
Con Alessandra Gianotti si è lavorato in simbiosi.
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Berlino, 1968. In quel periodo hai vissuto in una comune. Che ricordi hai di quell’esperienza? Cosa ti ha insegnato?
A Berlino nel 1968 con Lia Cigarini abbiamo contattato gruppi, studenti, situazioni di lotta con i loro esperimenti. Sono esperienze che ti cambiano.
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Molti architetti sono riusciti a realizzare nel cosiddetto “terzo mondo” progetti che non riuscirono mai a realizzare in Occidente. Pensiamo a Le Corbusier a Chandigarh (India), Luis Kahn a Dakka (Bangladesh). A cosa è dovuto questo fatto?
Sarebbe bello dire che nel “terzo mondo” amano di più i nostri grandi.
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Che valore politico ha, secondo te, l’arte di strada?
L’arte di strada (graffiti, teatro) è parte dell’arte.
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Che cosa ti hanno trasmesso i tuoi studenti dopo tanti anni di insegnamento?
I miei studenti mi hanno permesso di amarli per la loro intelligenza ed i loro risultati.
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Lavorare in Italia e lavorare in Marocco. Che differenze trovi nel modo di lavorare delle diverse maestranze?
Le maestranze in Marocco hanno un sapere che viene dal tempo. La dolcezza del tempo è ciò che mi ha dato il Marocco.
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Quando sei a Marrakech cosa ti manca di Milano e viceversa?
Quando sono a Marrakech mi mancano le amiche e gli amici con cui avere scambi e queste domande.
- Come e perché hai deciso di riprendere a suonare il violoncello?
Il violoncello da adolescente poteva essere la mia strada, ora in pensione, ho riannodato.
- Che cosa hanno in comune l’arte, l’architettura e la musica?
Arte, architettura, musica, sono pensiero umano,trascendente laico.
- Che valore dai alla sorpresa, all’imprevisto e al dubbio quando fai arte?
Sono cose diverse: la sorpresa spero, l’imprevisto benvenuto, il dubbio compagno.
- Se dovessi parlare dei giovani artisti di Marrakesh che hai scoperto, che parole useresti?
Gli artisti di Marrakech sono affabulanti, lavorano in trans, festosi, sommi.
- Che cosa ne pensi dell’attuale architettura latinoamericana?
L’architettura sudamericana me la farai approfondire spero.
- E’ importante che un architetto abbia una visione utopica della società? Qual è la tua?
Utopia, bella parola, la mia vuole dare agli altri quel più, se riesco.
- Se dovessi definire il lavoro di Alighiero Boetti, che parole useresti?
Boetti, inquieto, ispiratore: procedimenti, bellezza e mondo.
- Molti tuoi quadri come “Figura in movimento” (1982) accennano soltanto alla figura umana lasciando l’osservatore libero di completare le figure con la mente. Da cosa deriva questa volontà?
Ogni lavoro in ogni arte è incontro di soggettività. In particolare quello di cui parli di figure in movimento è un omaggio al Futurismo di Balla, e un riferirsi al desiderio per corpi sfuggenti.
- Che cosa ti ha spinto a tornare a vivere a New York? Com’è cambiata l’arte oggi rispetto agli anni ’80, durante i tuoi primi soggiorni in quella città?
A New York oggi tutto è cambiato: ciao Graffiti, East Village, Transavanguardia americana. Ma c’è la grande eredità dell’infinito immanente degli anni cinquanta. Lì mi sono allargato!
- E’ importante avere dei maestri? Come hai scelto i tuoi?
Bisogna avere centinaia di maestri e mai tradirli pur mantenendo la differenza del proprio sé. Maestri sono quelli di cui il lavoro dà un più di pensiero e di voglia.