D’Alpaos: il Mose distruggerà la Laguna, salvando (forse) parte di Venezia
Riccardo Panigada
“Bene hanno fatto nel ‘500 gli ingegneri idraulici della Serenissima a deviare in mare il corso dei fiumi che sfociavano in laguna, altrimenti i detriti trasportati dall’acqua dolce avrebbero finito per colmare l’area lagunare – rileva Marino Zamboni, presidente dell’Associazione intercomunale Brenta sicuro – ma oggi, a cinquecento anni di distanza, la situazione si è invertita, le acque lagunari sono troppo salate, e le barene rischiano di scomparire, come dimostra il professor D’Alpaos nel suo ultimo libro: si sarebbero ora dovuti adottare interventi alternativi alla progettazione del Mose (progettato per proteggere solo il centro storico di Venezia), che avrebbero potuto salvare capra e cavoli (Venezia e la sua laguna), oltre che potare beneficio a grandissima parte dell’entroterra del Veneto. Infatti sussistono serie criticità arginali dei fiumi Brenta e Bacchiglione, supportare da autorevoli studi scientifici che hanno rilevato un alto rischio dei territori interessati da tali corsi d’acqua. Tuttavia si possono ancora limitare i danni alla Laguna e scongiurare il rischio di altri alluvioni, portando a terminel’idrovia Padova-mare che consentirebbe di alzare, in modo significativo, il livello di sicurezza di una vasta area fra le provincie di Venezia e Padova, area abitata da ben oltre 500.000 persone“.
In sostanza, se nella Venezia del ‘500 si era già in piena epoca moderna inaugurata dall’intelligenza e lungimiranza scientifica di Leonardo, di fronte alla situazione attuale non può che tornare alla mente la frase del sociobiologo Edward O. Wilson, citata da Tristan Harris, sul New York Times lo scorso cinque dicembre: “Il vero problema dell’umanità è il seguente: abbiamo emozioni paleolitiche, istituzioni medievali e tecnologie divine”.
Infatti, a dispetto delle più moderne conoscenze e tecnologie, quando si presenta un dissesto sul territorio, lo si contrasta quasi sempre nel modo più semplicistico e diretto a livello locale, senza preoccuparsi di procedere a rilevamenti e analisi su più ampia scala, per rendersi conto di quale possa essere un eventuale conseguente impatto negativo a livello sistemico. Pare anzi essere totalmente scomparsa la sensibilità culturale per procedere secondo tale consapevolezza.
E da diversi decenni è più che evidente quanto molti provvedimenti presi per contrastare fenomeni di dissesto del territorio abbiano prodotto ovunque effetti collaterali spesso più gravi del problema che si sia riusciti a mitigare, tanto che, attualmente, in Italia, forse la maggior parte dei dissesti che si verificano sul territorio antropizzato sono proprio conseguenti ad azioni di origine antropica.
Bisogna quindi tornare a una scuola di grande sensibilità e consapevolezza, che sappia guardare al territorio come a un sistema dotato di una propria fisiologia.
Ma quando si parla di un “sistema” o di un “organismo” le problematiche da affrontare sono complesse, tanto che in certi casi è purtroppo agevole insinuare faziosamente dubbi sull’effettivo peso di una delle tante effettive cause che concorrono a determinare una situazione critica, al fine di indebolire le più ragionevoli argomentazioni. Così, per quante dimostrazioni scientifiche ed evidenze sotto gli occhi di tutti possano esserci, ci sarà sempre chi potrà ottenere consensoopponendo tesi surrettizie e interessate, approfittando del gravissimo stato di analfabetismo funzionale in cui versano larghissime fasce della nostra società (il negazionismo nei confronti delle cause del riscaldamento globale ne è l’esempio più macroscopico).
Il caso di Venezia e della sua Laguna (e come si vedrà tra poco l’identità della prima è inscindibile dalle caratteristiche della seconda), date le sue uniche e preziosissime caratteristiche sia culturali sia ambientali, è uno dei più notevoli, e certamente il più emblematico tra gli innumerevoli e drammatici casi ambientali attualmente riscontrabili sull’intero pianeta a qualsiasi livello di scala, in cui si interviene violentemente sul territorio ignorandone la delicatezza e la complessità delle problematiche.
A dimostrarlo mediante copiosissime e approfondite analisi di ampie zone del territorio circostante naturalmente correlato alla laguna, emediante inconfutabili argomentazioni scientifiche, è il professor Luigi D’Alpaos, ingegnere idraulico, già ordinario presso l’ateneo patavino, con il suo recente libro “SOS Laguna”, in cui vengono messe in luce a chiaro titolo di denuncia anche le inadempienze della politica, e l’incompetenza dei progettisti incaricati della realizzazione del Mose.
Il prossimo appuntamento per parlarne a livello europeo sarà quello di Cop26 che si terrà a Glasgow, nel Regno Unito nel novembre 2020, poiché, come ha avuto modo di osservare il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, a Madrid è stata persa un’opportunità. E, nella stessa occasione Guterres si è anche dichiarato scioccato per la situazione in cui versa Venezia.
In calce pubblichiamo il link della conferenza che il professor D’Alpaos ha tenuto in occasione di una recente presentazione del suo ultimo libro “SOS Laguna”.