Due millenni di Verona nascosti nel Criptoportico
Francesca Selvaggio Bottacin
“Qui si ergeva la Cattedrale della Verona antica, il centro del potere civile e religioso della Verona Romana, che finalmente oggi tutti vedrete”. Con queste parole il soprintendente per i Beni Archeologici del Veneto Vincenzo Tinè accompagna il pubblico alla scoperta dell’antica città romana grazie all’apertura degli scavi sottostanti l’area di Corte delle Sgarzarie.
Il criptoportico riportato alla luce dopo quasi tre decenni di indagini, rappresenta un tassello fondamentale per ricostruire l’impianto urbanistico di una delle più importanti città dell’Italia Settentrionale in epoca romana. Lo scorrere del tempo restituisce solo delle testimonianze frammentarie di ciò che doveva essere l’area del Foro veronese, e del Capitolium, ma grazie all’impegno della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto, nella figura di Giuliana Cavalieri Menasse, responsabile della Soprintendenza Archeologica dei Beni Culturali di Verona, e della Fondazione Cariverona ci si può trovare davanti alla fotografia delle diverse fasi di urbanizzazione della città.
Tempio dedicato alle tre divinità romane principali, Giove, Minerva e Giunone, il Capitolium rappresentava il fulcro politico e religioso della città. Sotto quello che doveva essere il maestoso complesso del Capitolium, gli scavi riportano oggi alla luce il criptoportico, una struttura coperta da volte a botte, sottostante il medesimo, che seguì tanto i fasti quanto l’abbandono del foro veronese.
Lo studio dell’area archeologica di Corte delle Sgarzarie è particolarmente importante per la formazione urbanistica originaria dell’intera Verona, e del suo sviluppo futuro.
Proprio la stratificazione della città nel corso del tempo ha comportato non pochi problemi durante lo scavo dell’area; sin dall’inizio dei lavori, infatti, si sono resi necessari degli interventi, atti a mettere in sicurezza gli edifici quattrocenteschi, che sovrastano l’area del Capitolium. Non si sono potuti effettuare che pochi scavi in piccole porzioni al di fuori dell’area del tempio, ma, nonostante ciò, lo studio dei materiali ivi rinvenuti ha permesso di individuare l’epoca degli insediamenti abitativi facendoli risalire al periodo compreso tra il II e il I secolo a.C.
Per quanto riguarda l’urbanistica, il periodo attorno alla metà del I secolo a.C., è sicuramente il più rilevante, è in tale momento, infatti, che, a Verona, si concentrano i grandi interventi di monumentalizzazione urbana, tra cui anche l’area del Capitolium, la quale venne completamente rinnovata, e nella quale si dette avvio ai cantieri di edifici pubblici di notevolissimo rilievo.
Nell’ottica del grande rinnovamento urbano mediante strutture maestose, il criptoportico assumeva una valenza fondamentale. Sviluppandosi su tre lati del tempio, creava un dislivello tra l’area sacra e quella civile, accrescendo di molto la maestosità dell’intero complesso. Ad accentuare ulteriormente l’importanza scenica dell’edificio nel sistema urbano è la sua posizione. Esso, infatti, si trovava lungo una delle arterie viarie più importanti della città, facendo sì che il foro emergesse rispetto alla restante parte costruita.
Il grande lavoro di conservazione e di valorizzazione del sito in questione è stato l’obbiettivo principale degli archeologi della Soprintendenza di Verona, i quali hanno operato sin dall’inizio in un’ottica di musealizzazione delle rovine, lasciandole quanto più possibile nei luoghi dei loro ritrovamenti, allo scopo di restituire al visitatore uno spaccato della stratificazione urbana avvenuta nel corso dei secoli.
Dal IV secolo d.C. il tempio e il criptoportico subirono sorti completamente diverse. Con l’avvento del Cristianesimo, infatti, il Capitolium venne smembrato per ricavarne materiali da costruzione, mentre il criptoportico continuò ad essere utilizzato. Data la sua struttura coperta e solida, quest’ultimo venne mantenuto in funzione da scopi diversi rispetto a quelli per i quali era stato progettato. Sebbene gli archeologi non siano ancora certi sui successivi riutilizzi del criptoportico, è comunque possibile intuirne le destinazioni d’uso successive se posto a confronto con altri criptoportici rinvenuti integri nell’area veronese. Il suo destino fu quello di accogliere, attività produttive, o, forse fu perfino dimora abitativa, secondo la testimonianza indiziaria dei reperti di un focolare.
Nonostante i riusi, nel VI secolo, probabilmente a seguito del definitivo smembramento del soprastante triportico, e la conseguente infiltrazione di acqua, il criptoportico subì un collasso verticale, compromettendone definitivamente l’utilizzo. Le sue gallerie vennero dunque trasformate in una discarica dei materiali residui del tempio ormai in rovina. Dall’analisi degli elementi di riempimento ritrovati all’interno delle navate, infatti, è stato possibile stabilire, anche se non in modo esauriente, la spoliazione del complesso avvenuta probabilmente tra il IV e il V secolo. L’abbandono dell’area durò fino al IX secolo d.C., momento in cui i reperti confermerebbero la presenza di nuove strutture sorte a seguito delle operazioni di colmatura del criptoportico, innalzate con materiali appartenuti al Capitolium. Ulteriori testimonianze materiali portate alla luce, inoltre, in particolare un basamento rettangolare, fanno supporre che nell’area venne edificata una casatorre tra l’XI e il XII secolo, periodo nel quale si assiste (non solo a Verona) a una forte crescita demografica ed edilizia.
Ma si dovrà attendere il periodo dal XIV al XVI secolo, per cominciare ad assistere alla fisionomia della Verona, che, ancora oggi, è possibile ammirare, ovvero il periodo in cui venne edificata la Corte delle Sgarzarie, prima, e il Monte di Pietà, poi.
Le gallerie del criptoportico si trasformano in una sorta di macchina del tempo, grazie alla quale è possibile ripercorrere oggi l’intera storia della città, partendo dalle sue origini, fino a giungere all’assetto che ancora oggi caratterizza Verona. Una vera e propria “stratificazione della città, che consente di capirne i meccanismi di formazione”, come sottolineato anche dal Direttore Regionale per i Beni Culturali Ugo Soragni.
Il grande sforzo degli archeologi si inserisce, come rilevato da Vincenzo Tinè, in quelle che vengono definite “iniziative di valorizzazione, rese possibili da una nuova coscienza, dettata dal periodo storico, che non permette più grandi indagini ed esplorazioni, ma obbliga a mettere a frutto le acquisizioni e le conoscenze degli anni precedenti”.
Dalle recenti e importanti operazioni di scavo è pertanto emerso quanto l’antica Verona romana fosse complessa e dotata di edifici di grande interesse storico ancora custoditi nel sottosuolo. Di ciò bisognerà quindi tenere conto da ora in poi, se si desidera studiare la realtà storica veronese oltre l’evidenza dei monumenti da tutti conosciuti, l’Arena, e il Teatro Romano.
Riferimenti bibliografici
L’area del Capitolium di Verona – Ricerche storiche e archeologiche, a cura di Giuliana Cavalieri Manasse, Verona 2008.